Short Food Supply Chain innovation

Published on July 2016 | Categories: Topics, Food & Wine | Downloads: 47 | Comments: 0 | Views: 333
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Short Food Supply Chain Innovation paper. it describes the sfsc sector and the co-production system in Italy. It focuses on the farmer markets sale and on the various sides of efficiency in the industry of from farm to fork.

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L!INNOVAZIONE SOCIALE DELLA FILIERA CORTA
La realizzazione del cambiamento
Con riferimento alle teorie della transizione (Geels, 2004; Smith 2003, 2006) e attraverso la loro applicazione
al sistema agroalimentare (Wiskerke e van der Ploeg, 2004; Seyfang e Smith, 2006; Brunori et al., 2009), un
filone importante di ricerca ha ricondotto questi processi che portano alla riorganizzazione delle relazioni di
produ- zione-consumo ad una ridefinizione dell!intero «Sistema Socio-Tecnico» (Smith et al., 2005; Geels e
Schot, 2007), vale a dire l!insieme complesso di agenti e sistemi di rela- zioni, di sistemi di regole e di
infrastrutture materiali che condizionano la produzione e la riproduzione delle pratiche. Guardando ai modelli
di produzione-consumo si tratta, come si è detto sopra, di una ricostruzione delle infrastrutture tecniche e
sociali in essi coinvolte: il sistema dei valori, dei significati, delle preferenze, il sistema delle norme e delle
regole, quello delle conoscenze, i modelli di relazione, le infrastrutture materiali; un processo che coinvolge i
sistemi di produzione e distribuzione, così come entra nelle routine di consumo della sfera domestica,
cambiando atteggiamenti e abitudini.
la creazione di quella condizione particolare che porta i produttori e i consumatori a integrare fortemente
ruoli (e relative esigenze e aspet- tative) e azioni, giungendo ad una sorta di compartecipazione nella gestio-
ne dell!attività produttiva o comunque ad un forte allineamento attorno ad obiettivi comuni (quella che, come
vedremo di seguito, viene spesso definita “co-produzione” (Holloway e Kneafsey, 200
94
nuovi significati e preferenze, norme e regole che sono alla base dei modelli
tecnici e organizzativi alternativi propri di questi sistemi di relazione diretta;
è quello che sta dietro il termine «co-produzione», la parola chiave utilizza-
ta nella narrativa sviluppata all’interno di queste reti per indicare il diverso
approccio alle relazioni tra produzione e consumo e ai loro processi (Brunori
et al., 2011);
- nelle relazioni che i produttori e i consumatori instaurano e sviluppano con
altri soggetti e organizzazioni, a livello locale e non, a diverso titolo coinvolti
in questi processi di cambiamento; perché la capacità di mettersi in rela-
zione, di condividere approcci e progettualità all’interno di network inclusi-
vi - che offrono spazi di integrazione a società civile, imprese, associazioni
e organizzazioni, amministratori locali, istituzioni scolastiche e sanitarie,
istituti di ricerca, agenzie formative, tecnici - rappresenta una componente
essenziale della possibilità di favorire più ampi processi di transizione, in
grado di andare ben al di là di una mera ristrutturazione di filiera.
Figura 1 - Il processo collettivo della costruzione di pratiche alimentari alternati-
ve: come agricoltori e consumatori sviluppano appropriate soluzioni alle specifi-
che necessità dei sistemi di produzione-consumo
4; Lockie, 2009; Brunori et al., 2011)).
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IL CONSUMATORE COME «CO-PRODUTTORE»
Introduzione
La funzione di acquirente primario non è più assolta, oggi, dal consumatore, ma dalla figura degli
intermediari (grossisti e distribuzione organizzata). È evi- dente, come riporta Burdese, che «la netta
separazione tra l!atto di consumare e quello di produrre, trasformare e distribuire ha segmentato la filiera
lasciando uno spazio marginale ai consumatori e facendone, in seno alla catena di approvvigiona- mento, un
semplice anello finale con un ruolo passivo» (Burdese, 2012).Oggi è l!atti- tudine di chi acquista che inizia a
riflettere il ruolo di «consumatore-spettatore» anziché quello di «consumatore-attore».
«Co-produttore»: il consumatore secondo Slow Food
il consumatore è portato a fare scelte consapevoli. In tal modo il semplice consumatore lascia posto al «co-
produttore» che s!identifica parte integrante del processo produttivo e, in quanto tale, con le sue scelte, può
influenzare il mercato e la produzione. È facilmente intuibile, tuttavia, che in un si- stema globale e
fortemente industrializzato, la possibilità di agire da co-produttori è irta di ostacoli.
Conclusioni
La scomparsa di aziende contadine di piccola scala può risultare contro- producente sia per la biodiversità
sia per i saperi tradizionali. Per questo motivo è necessario sapere accompagnare la ricerca di qualità dei
cibi a prezzi equi, con una buona dose di conoscenza del valore dei prodotti stessi. Slow Food propone
l!educazione al gusto attraverso strumenti come la formazione e l!informazione come modo per uscire dallo
status di semplice consumatore per diventare co- produttore, capace di fare scelte sostenibili.
Il co-produttore si impegna attivamente nei circuiti di approvvigionamento brevi, che rappresentano
un!opportunità per migliorare il reddito dei produttori e garantire la sopravvivenza di molte aziende di piccola
dimensione, grazie a margini più alti, costi minori e maggiore autonomia nei confronti del settore
agroindustriale. Alla luce dei risultati che Slow Food consegue con i suoi progetti, si riscon- tra come
determinate dinamiche sociali possano portare al passaggio dal consu- matore al cittadino co-produttore,
consapevole del suo potere d!acquisto, in grado di influire sia sul mercato sia sull!attività produttiva.
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Una Copia e 0.10 - Poste Italiane s.p.a. -
Spedizione in Abbonamento Postale
D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.
46) art. 1 comma 1, DCB Vicenza
contiene i.p.
Anno XIII
Numero 17
22 settembre 2008
Edizione di Vicenza
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Merlin Cocai
e non solo
Le rassegne
dei ristoratori
bassanesi
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730, le modifiche
alla seconda rata
vanno comunicate
entro la fine
di settembre
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Le famiglie
italiane
tagliano
su mobilità
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I ristoratori
della Valchiampo
promuovono
il territorio
al Santuario
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I
l farmer market? Troppo
caro. La notizia è stata ri-
presa dai principali quoti-
diani nazionali, dopo l’aper-
tura del primo farmer market
metropolitano a Milano, pro-
mosso da Coldiretti. E il giu-
dizio di tanti consumatori è
stato una sonora bocciatura.
Prezzi troppo alti, prodotti
non all’altezza da un punto di
vista qualitativo. Insomma
questo farmer market che do-
veva rappresentare un po’ il
fiore all’occhiello della tanto sban-
dierata filiera corta, perché sorto nel-
la capitale economica del Belpaese,
ha gettato la maschera e si è rivela-
to, almeno in questo più che pubbli-
cizzato esordio, una sorta di bluff.
Alla fine i consumatori sono risultati
generalmente delusi dopo che i pro-
motori di questo sistema di vendita
avevano sbandierato ai quattro ven-
ti come i farmer market rappresen-
tassero una risposta al caro prezzi
ed una garanzia di qualità, oltre che
di convenienza. Insomma, alla pro-
va dei fatti, la filiera corta ha suscita-
to perplessità in molti, e le polemi-
che sui prezzi con cui Coldiretti ha
voluto colpire il mondo del com-
mercio si è ritorta contro la stessa
Organizzazione e forse anche, invo-
lontariamente, contro i tanti agricol-
tori che lavorano onestamente pun-
tando sulla qualità più che sul prez-
zo. Nessuno, infatti, contesta che la
vendita diretta fatta dai produttori
nelle loro aziende possa essere un
utile canale di approvvigionamen-
to per una certa fetta di consumato-
ri; ciò che si è sempre contestato,
almeno da parte di Confcommer-
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Il farmer market getta la maschera
L’esordio del primo mercato del contadino metropolitano a Milano ha deluso i consumatori per i prezzi troppo alti
cio, è stata la politica di Coldiretti di
pubblicizzare questo sistema di ven-
dita alimentando polemiche prete-
stuose e additando i commercianti
come gli unici colpevoli del caro
prezzi. Senza contare che non si
può, con superficialità, invocare ta-
gli della filiera senza andare ad ana-
lizzare, nello specifico, il ruolo di
ciascun attore del mercato: da chi
trasporta il prodotto a chi lo conser-
va, da chi lo trasforma (ad esempio
il grano in farina) a chi lo distribui-
sce capillarmente nei punti vendita
sul territorio, fino a chi lo selezio-
na e lo mette in vendita nei propri
negozi fornendo un importante
servizio di vicinato al consumatore
finale. Proprio sulle polemiche le-
gate ai farmer market è recentemen-
te intervenuta anche Federdistribu-
zione, l’associazione che raggruppa
la Gdo aderente a Confcommercio,
“Questa nuova formula commerciale
- afferma il presidente Paolo Barbe-
rini - deve avere la libertà ma anche
la forza di affermarsi presso i consu-
matori, senza godere di forme di “in-
centivazione forzata” o “protezione”
da parte delle istituzioni. Un punto
fondamentale - ha proseguito - è che,
per tutelare la sicurezza dei consu-
matori e un concetto di corretta con-
correnza tra operatori e formule com-
merciali diverse, l’attività di vendita
dei farmers market deve essere effet-
tuata nel pieno rispetto delle norma-
tive della distribuzione sotto il profi-
lo amministrativo, igienico/sanitario
e fiscale. C’è poi da chiedersi se un
agricoltore che diventa anche com-
merciante debba continuare a gode-
re dei sussidi dedicati al settore agri-
colo”. “Una volta rispettate regole e
norme comuni ed eliminati i sussidi -
ha concluso Barberini - andrà veri-
ficata l’effettiva competitività del pro-
dotto”.
La sfida è dunque aperta, purché si
possa combattere anche ad armi pa-
ri, dice Federdistribuzione. Anche
se la logica vorrebbe, a dire la verità,
che ognuno facesse, e bene, esclu-
sivamente il proprio mestiere.
Vicenza, basta cortei
in centro il sabato
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commercianti del centro storico di Vi-
cenza non ne possono proprio più di
avere le vie del centro occupate dai ma-
nifestanti che, per quanto ritengano di ave-
re delle valide ragioni per protestare, non
possono però tenere in scacco ogni saba-
to il centro città, allontanando inevitabil-
mente la gente che non vuole avere niente
a che fare con la protesta. A evidenziare
che non si può più andare avanti così sono le numerose lamentele
che continuano a giungere all’Ascom di Vicenza dai commercianti
ed esercenti del centro storico. In questo senso l’Ascom ha chiesto
un incontro con il Prefetto, il Questore e il Sindaco in cui evidenzia-
re i danni dei mancati incassi.
a pagina 5
La contraffazione
vale 7,5 miliardi
I
l fatturato dei falsi è in leggero au-
mento: 7,5 miliardi di euro contro
i 7,2 del 2007. E’ quanto emerge
dalla ricerca “Le contraffazioni: ana-
lisi del fenomeno in Italia”, realizzata
da Confcommercio con la collabora-
zione dell’Istituto Piepoli. I prodotti
contraffatti più acquistati sono i capi
di abbigliamento, le borse, cinture e
occhiali. E se le donne vengono attrat-
te più degli uomini da magliette, camicie e jeans, gli uomini invece si
rifanno con occhiali e scarpe. Il 60% degli italiani, in particolare i re-
sidenti nel Centro, acquistano i prodotti contraffatti tranquillamen-
te in giro per le vie della città.
a pagina 3
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• Speciale
Pane e
alimentazione
• Notiziario
Appi informa
in allegato
all’interno
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Filiera corta, innovazione economica ed efficienza
Il parametro chiave qui proposto per l!analisi dell!innovazione economica nella filiera corta è rappresentato
dall!efficienza, considerata come fattore gene- ratore (la ricerca di guadagni di efficienza rappresenta la
motivazione che guida le scelte degli attori) e allo stesso tempo come criterio ordinatore tra le alternative
possibili (in una logica darwiniana, sono le soluzioni con maggiore livello di effi- cienza ad affermarsi a
scapito della altre). Il criterio di efficienza è peraltro indi- pendente dallo specifico obiettivo perseguito dagli
attori mediante la filiera corta; vale a dire che, una volta definito l!obiettivo si presume che la risposta più
efficien- te in termini di sistema di distribuzione e di organizzazione degli scambi e della produzione tenderà
a prevalere.
Per sviluppare un!analisi della capacità competitiva della filiera corta è però necessario scomporre
l!efficienza nelle sue dimensioni costitutive, che possono essere identificate nelle seguenti quattro, cui
corrispon- dono altrettanti criteri di valutazione delle prestazioni.
Il primo criterio è quello dell!efficienza logistico-organizzativa, che si mani-festa nella capacità di
contenimento dei costi di distribuzione, ovviamente senza generare un parallelo aumento dei costi di
produzione, e dunque nella capacità di incrementare il valore creato a beneficio degli attori operanti agli
estremi del sistema produzione-distribuzione-consumo.
Il secondo criterio è quello dell!efficienza nella distribuzione del valore cre- ato all!interno della filiera, il
che equivale a interrogarsi se la filiera corta riesce a rimuovere le numerose imperfezioni competitive e a
distribuire tra le varie fasi della filiera il valore creato in modo più equo.
Il terzo criterio è quello dell!efficienza informativa, che si manifesta nella capacità di veicolare attributi di
qualità di tipo complesso, cui fasce crescenti di consumatori prestano un!attenzione crescente, meglio (e a
un costo inferiore) di quanto avvenga sulla filiera lunga.
Il quarto criterio è quello dell!efficienza ambientale. Si tratta di un criterio chiave alla luce della presa di
coscienza dei devastanti effetti negativi che il mo- dello dell!agricoltura «industrializzata» esercita su
numerosi aspetti ambientali, che porta a interrogarsi se la filiera corta riesca a contenere i danni ambientali
generati ma anche a promuovere le esternalità positive generate da alcuni modelli di agricoltura, ad esempio
in termini paesaggistici o di tutela dell!agrobiodiversità. Nei paragrafi che seguono verranno discusse le
prime tre dimensioni.
L!efficienza logistico-organizzativa
l!accorciamento della filiera di per sé non annulla la ne- cessità dello svolgimento di determinati servizi e
funzioni, ma piuttosto li redistri- buisce tra i diversi soggetti, in alcuni casi eliminando alcune tipologie di
operatori (ad esempio intermediari commerciali o autotrasportatori) a “vantaggio” di altri che se ne devono
fare carico o che invece consapevolmente rinunciano al servizio offerto da una particolare funzione (ad
esempio, la destagionalizzazione garantita dalla frigoconservazione e/o da acquisti in emisferi diversi).
Si tratta, dunque, di comprendere quali sono le modalità più efficienti nel garantire questi servizi e se queste
hanno effetti indotti sull!organizzazione degli scambi e della produzione.
Una prima modalità si basa sulla ricerca di economie di scala, legate alla realizzazione di grandi volumi nella
stessa unità tecnica di produzione che si spe- cializza nello svolgimento di una sola funzione; ciò consente
un vantaggio econo- mico più forte laddove la componente dei costi fissi è molto rilevante rispetto ai costi
totali.
Una modalità alternativa mira invece al raggiungimento di economie di sco- po (o di varietà), raggiungibili
non attraverso la specializzazione in una sola fun- zione ma utilizzando un determinato fattore produttivo in
una pluralità di attività diverse (ad esempio, per un agricoltore, l!utilizzo del proprio lavoro non solo per la
produzione in senso stretto ma anche per attività di preparazione alla vendita del prodotto o di vendita), in
modo da raggiungerne un!utilizzazione completa.
L!efficienza nella distribuzione del valore creato
Due sono le dimensioni da considerare nella distribuzione del valore: la distribuzione verticale, ovvero tra le
differenti fasi della filiera, il che richiama immediatamente il tema del giusto prezzo per gli agricoltori; e la
distribuzione orizzontale, ovvero tra le imprese all!interno della stessa fase della filiera (ad esempio la fase
agricola o quella della trasformazione), e in questo caso il ri- chiamo più immediato è al tema dell!inclusione
dei soggetti più deboli (spesso le piccole imprese o le imprese ubicate in area marginale) ma che si
ritengono capaci di generare benefici diffusi anche di natura extraeconomica (ad es. effetti socioeconomici e
ambientali generati da imprese agricole in area di montagna).
Per tenere in adeguato conto gli aspetti distributivi, dal punto di vista dell!impresa agricola vanno considerati
i molteplici benefici ottenibili mediante l!impiego della filiera corta - i quali non sono tutti quantificabili in
maniera diretta in termini monetari - e che riguardano i seguenti aspetti:
- l!aumento del prezzo di vendita dei prodotti, a parità di grado di elaborazio- ne e di servizi incorporati
nel prodotto; il che può derivare da un maggior equilibrio nel potere contrattuale sui due lati della transazione
ma anche dall!attivazione di meccanismi di solidarietà dei consumatori verso i pro- duttori;
- la possibilità di aumentare il prezzo di vendita e il valore aggiunto grazie alle attività di elaborazione e
di preparazione del prodotto e ai servizi asso- ciati al prodotto dallo stesso agricoltore;
- la possibilità di avere un rapporto diretto con il consumatore, potendo così meglio acquisire e
trasmettere informazioni ai consumatori, monitorare il mercato, differenziare il prodotto e fidelizzare il
consumatore;
- la possibilità di socializzazione e di recuperare orgoglio e soddisfazione della propria attività lavorativa.
A questi potenziali benefici corrispondono, però, numerosi possibili costi
aggiuntivi di natura organizzativa, logistica, nonché legati all!effettuazione di in- vestimenti e all!acquisizione
di competenze e professionalità.
Per quanto concerne la distribuzione orizzontale dei benefici netti della fi- liera corta, una questione chiave è
se effettivamente questa modalità di commer- cializzazione possa facilitare l!inclusione di coloro che erano
progressivamente esclusi dal modello basato su grande scala, filiera lunga e delocalizzazione. Sulla base
delle evidenze empiriche disponibili in letteratura e dei risultati delle ricer- che condotte dagli autori in
materia, è possibile ipotizzare quanto segue, rispetto ai due profili del riequilibrio dimensionale e del
riequilibrio territoriale:
- sotto il profilo della dimensione si rilevano frequenti difficoltà di accesso per le piccole imprese, legate a
inefficienze di scala e scarsità della ma- nodopera necessaria per gestire le relazioni con il consumatore e/
o le attività di lavorazione e trasformazione ad alto contenuto di lavoro.
- sotto il profilo degli effetti a livello territoriale, dalla filiera corta risulta- no spesso escluse proprio quelle
imprese e quei territori più distanti dalle città, veri centri propulsivi di queste iniziative. Dunque il potenziale di
ri- territorializzazione della filiera corta appare abbastanza ridotto.
Dal punto di vista della distribuzione verticale del prezzo, la filiera corta è spesso interpretata come una
forma di scambio che permette di raggiunge- re vantaggi economici su entrambi gli estremi della filiera: se,
da una parte, il consumatore può beneficiare di prezzi di acquisto più contenuti, il produttore, dall!altra, può
spuntare prezzi superiori a quelli derivanti dal collocamento sui mercati intermedi (ingrosso, grande
distribuzione). Anche in questo caso le evi- denze empiriche sono non solo ridotte ma anche contraddittorie
e non semplici da interpretare, data la complessità del quadro concettuale di riferimento. Il tema del prezzo è
collegato infatti al tema del valore totale e, quindi, della sua reale capacità di misurare non solo il valore
d!uso immediato del prodotto ma anche il suo valore sociale, tenendo conto anche delle esternalità ad esso
collegate. Il tema del prezzo è legato anche al tema dell!evoluzione strutturale del sistema economico, in
quanto il limitato livello del prezzo rispetto ai costi dovrebbe (a pa- rità di altre condizioni, ivi compresa la
perfetta comparabilità qualitativa dei pro- dotti) segnalare un!inefficienza del produttore e dunque la
necessità di innovare o alternativamente di uscire dal settore.
L!efficienza informativa
Il terzo criterio riguarda l!efficienza informativa, tanto più rilevante quanto più i consumatori sono interessati,
nell!acquisto dei prodotti agroalimentari, ad attributi di qualità di tipo complesso e di tipo fiducia, ovvero non
verificabili dal consumatore neppure dopo il consumo del bene stesso. Si tratta, ad esempio, di attributi quali
l!origine dei prodotti (intesa non come mera provenienza geografica ma come legame tra gli attributi
qualitativi del prodotto e le risorse specifiche del territorio di produzione), il fatto che il processo produttivo
tuteli specifici aspetti ambientali, l!utilizzo di particolari metodi di coltivazione o di lavorazione.
Su questo tipo di attributi di qualità si manifestano in modo più forte i feno- meni di asimmetria informativa e
il mercato spesso fallisce nel garantire un!infor- mazione corretta e completa (Akerlof, 1970). Ciò rende
necessari meccanismi so- stitutivi di garanzia, tra cui notoriamente quelli di tipo formale (certificazioni), che
presentano però costi elevati e generano effetti di selezione avversa escludendo determinate categorie di
soggetti che per le loro caratteristiche non riescono ad adattarsi alle logiche di tipo formale e a sostenere gli
investimenti necessari.
La filiera corta – grazie all!interazione più diretta tra produttore e consumatore – può essere vista come
un!innovazione che riesce a veicolare me- glio (in modo più efficace e meno costoso) gli attributi complessi
(di processo e prodotto) o che addirittura può trasmettere informazione su aspetti che non potrebbero essere
ben “coperti” da meccanismi di garanzia di tipo formale per la loro complessità e soprattutto per la loro
specificità (legata a contesti territoriali o valoriali molto particolari e di nicchia).
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11°
11°
12°
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salse e pesLl gla pronLl da usare
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4'1*-: lndaglne lSMLA sul consumaLore, 2010
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La magglor parLe degll operaLorl aLLlvl nella vendlLa dlreLLa svolge l'aLLlvlLa dl vendlLa
dlreLLamenLe ln azlenda, ln un locale adaLLaLo (68,9°, percenLuale ln leggera cresclLa)
o, ln un negozlo annesso (17,9°, ln cresclLa negll ulLlml annl). 8lsulLa ln cresclLa la
quoLa dl agrlcolLorl che sl sposLa dalla proprla sede ln dlrezlone del consumaLore: nel
2009 ll 26,9° delle azlende ha parLeclpaLo a sagre e manlfesLazlonl locall, ll 4,3° ha
condoLLo aLLlvlLa dl vendlLa ambulanLe e l'8,7° ha parLeclpaLo a un larmer's MarkeL.
SlgnlflcaLlvo, anche se dl mlnore enLlLa, ll ruolo delle consegne a domlclllo (3,7°, parl a
3600 azlende), menLre clrca 2600 soggeLLl gesLlscono un punLo vendlLa ln clLLa
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8lparLlzlone del rlspondenLl ln base al punLegglo (mln 1 max 3) assegnaLo a deLermlnaLl svanLaggl
suggerlLl per la vendlLa dlreLLa. uomanda rlvolLa a LuLLl l rlspondenLl, CAWl + CA1l
21,0%
22,7%
22,9%
18,4%
13,7%
12,9%
11,3%
38,3%
36,5%
32,5%
34,0%
31,8%
28,4%
21,8%
21,3%
21,5%
21,9%
24,7%
26,0%
25,9%
23,1%
9,0%
9,9%
10,9%
11,9%
16,1%
16,5%
18,6%
7,1%
6,8%
8,4%
7,5%
9,4%
13,4%
22,4%
orari e giorni di apertura limitati
impossibilita' a f are tutta la spesa in un negozio solo
non poterci arrivare in auto (se il mercato e' in centro citta')
assenza di of f erte speciali e prezzi che potrebbero essere piu' alti del
supermercato
scarsa varieta' perche' assortimenti composto solo da prodotti del territorio
minore rapidita' nel f are la spesa: non ci sono prodotti gia' pesati e
conf ezionati
non trovare mai prodotti f uori stagione, anche quando ne ho voglia
Grado di rilevanza (1 =min; 5=max) di alcuni esempi di possibili svantaggi (suggeriti) relativi
all'acquisto di ortofrutta direttamente dal produttore
molto abbastanza così così poco per niente non saprei


4'1*-: lndaglne lSMLA sul consumaLore, 2010

Approfondendo l'argomenLo, sl e chlesLo all'lnsleme del rlspondenLl dl valuLare, con lo
sLesso crlLerlo, anche la rllevanza dl evenLuall servlzl agglunLlvl da proporre
nell'amblLo della vendlLa dlreLLa. Ancora una volLa, le eslgenze del consumaLore
rlsulLano chlaramenLe:
• comodlLa,
• gamma (assorLlmenLo dl prodoLLl),
• esperlenza d'acqulsLo (asslsLenza, conslgll, relazlone dlreLLa con ll negozlanLe -
produLLore, ecc.).

ÞerLanLo, la ºpromessa" rlvolLa al consumaLore dalle formule dl vendlLa dlreLLa
(composLa da lLallanlLa, LerrlLorlo, km zero, ma anche freschezza del prodoLLo - per l
pochl passaggl - e prezzo accesslblle - legaLo alla flllera corLa) Lrova rlspondenza nel
parameLrl dl scelLa lndlcaLl dal consumaLore. una dlsLlnLlvlLa ancora magglore rlspeLLo
ad alLrl canall sl può oLLenere medlanLe una parLlcolare aLLenzlone all'elemenLo dl
servlzlo (gamma dl prodoLLl, faclllLazlonl per rendere comodo ed accesslblle l'acqulsLo,
lnformazlonl, conLrolll).
______________
Filiera corta e lunga, opportunità di produzione e di sbocco non sempre alternative
Si è parlato finora di filiera corta in contrapposizione alla filiera lunga all’interno di diversi contesti. Tuttavia
non sempre esse hanno un rapporto antagonistico nel medesimo contesto, ma vi sono ambiti nei quali questi
due circuiti di produzione e sbocco possono coesistere. Infatti accade che in ambito distrettuale si
appiattisca il dualismo (Castellani, 2007) tra filiera corta e lunga, e le diverse tipologie di impresa che ne
trovano la convenienza di volta in volta si avvantaggino delle opportunità offerte da ciascuna di esse o da
entrambe. La convenienza alternativa per le singole imprese è determinata dalla specifica dimensione e
peculiare catena del valore (Porter, 1985) che incide sulla scelta di avviare processi di delocalizzazione
delle attività produttive (Micelli, Chiarvesio, 2003). Le imprese di medie dimensioni, in particolare, possono
fruire anche contemporaneamente di queste opposte modalità di produzione e vendita, laddove si crea il
“luogo economico” che ne rende opportuno l’utilizzo. Può essere cioè contemporaneamente presente una -
anche parziale- delocalizzazione del circuito produttivo, tipica della filiera lunga, che viene sfruttata per
ridurre i costi di produzione pure da parte di imprese di non grandi dimensioni ed una vendita sia mediante
filiera corta, sia mediante filiera lunga, ma con incorporati i vantaggi della reputazione del prodotto tipici della
filiera corta ed avvalorati dalla contemporanea presenza di essa .
Questa realtà, già evidenziata da alcuni studi nei distretti industriali-manifatturieri, sembra emergere anche
nei distretti agroalimentari . Una situazione di questo genere si paventa possa portare nel tempo alla
dissoluzione (Corò, Grandinetti,1999; Grandinetti, Rullani 1996) dei sistemi distrettuali, di cui vengono meno
le caratteristiche di base, strettamente legate alla localizzazione produttiva, ma d’altra parte essa può
costituire un’opportunità (Grandinetti, Rullani 1996; Rullani, 1997), ed è comunque il risultato di un percorso
di adattamento da parte di imprese dinamiche che cercano di sopravvivere alla globalizzazione dei mercati .
La competizione internazionale spinge infatti verso una riduzione del costo di produzione tramite la
delocalizzazione produttiva, ma allo stesso tempo spinge verso una valorizzazione sempre maggiore dei
cosiddetti beni posizionali, cui è associato un differente livello di reputazione legato alla qualità. L’attuale
tendenza dei mercati è infatti orientata ad un aumento del commercio dei beni differenziati tramite marchi,
definiti (Yotopoulos, 2007) “demercificati” (decommodified), in contrapposizione alle tradizionali merci
indifferenziate (commodities). E la competizione, sempre più “basata sulla qualità (reale e/o percepita)
anziché sui costi di produzione delle merci”, diviene di tipo posizionale, per dar luogo alla formazione di
mercati non contendibili che generano rendite (Romano, 2007). Le imprese distrettuali quindi, con la
contemporanea presenza di diverse articolazioni dei circuiti di produzione e vendita, cercano di competere
su entrambi i fronti (riduzione dei costi legata alla delocalizzazione e reputazione del prodotto legata all’area
d’origine), anche se è presumibile ritenere che ambedue i vantaggi competitivi, seppure conseguibili, non si
possano mantenere a lungo accoppiati nel tempo.
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Benefits of Local Food Markets: A Look at the Evidence
(Input-Output Models and the Multiplier Effect
An input-output model is a detailed accounting of regional industries. It provides estimates of the amounts and types of
inputs that local industries purchase from local suppliers and from imported sources. These linkages form the basis for
calculating the multiplier effect that changes in production may have within the region. For example, if production in a
sector increases, then production in the sectors that supply goods and services to support the increase will also rise. In
turn, sectors that supply goods and services to the supporting sector will increase, and so on.
The total economic impact is composed of three effects; direct, indirect, and induced. Direct effects are the value of new
production, processing, and retail output, and the additional jobs and labor income generated. Indirect effects measure
the total value of locally supplied inputs and services provided by businesses that serve the producers (e.g., machinery,
feed, seed, fertilizer, financial services), and processing and retailing activities. Induced effects accrue when workers in
the direct and input supply sectors spend their earnings in the region.
The presence of local food markets may also spur consumer spending at other businesses in a community. This spillover
spending could support the retail sector in a community if, for example, a farmers’ market draws consumers to an area
where they would not have otherwise spent money. Lev et al., (2003) found that many farmers’ market shoppers
traveled to down- town areas specifically to patronize the market, and also spent additional money at neighboring
businesses.
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La spesa? Meglio nel farmer market 03 Ottobre 2012
Una vera rivoluzione. È emerso infatti che nell’ultimo anno sono arrivati a quota 21 milioni gli italiani che
hanno riempito il carrello in campagna o nelle diverse formule dei negozi degli agricoltori.
E così se il commercio tradizionale, compresa la grande distribuzione, ha mostrato segnali di cedimento, la
spesa in campagna invece è andata controcorrente.
«Un successo – ha commentato la Coldiretti – che grazie al taglio delle intermediazioni commerciali ha
avuto comunque un effetto calmieratore sull’andamento dell’inflazione rilevato dall’Istat a settembre ».
Dall’analisi è emerso che un italiano adulto su due frequenta i mercati agricoli, sette milioni lo fanno
regolarmente, mentre gli altri quattordici milioni vi fanno i propri acquisti ogni tanto. E comunque l’indagine
evidenzia anche che il 95% degli intervistati vorrebbe una maggiore presenza di punti vendita dei produttori
e a pensarla così sono rappresentanti di tutte le età e categorie sociali. Insomma la voglia di campagna è
trasversale.
Dal punto di vista delle aziende la Coldiretti, che da anni sta facendo di questo fenomeno il suo cavallo di
battaglia, sta spingendo sull’evoluzione del business allargandone il campo d’azione.
L’attuale rete commerciale «targata Coldiretti» è costituita da 1.105 mercati degli agricoltori, 5.616 aziende
agricole, 877 agriturismi e 178 botteghe, per un totale di 6.899 punti vendita di Campagna Amica, ai quali si
aggiungono 131 ristoranti e 109 orti urbani. La Lombardia è tra le regioni leader con oltre 500 punti fra
spacci aziendali e agriturismi, 115 farmer market, 20 fra ristoranti a km zero e Botteghe insieme a una
collaborazione con le mense che ogni giorno portano alimenti della filiera agricola italiana nei piatti di oltre
80mila bambini lombardi.
Le aziende agricole che producono e vendono direttamente, spiega il rapporto, non sono solo unità
produttive, ma diventano presidi sociali. «Non a caso – ha sottolineato Coldiretti – il 90% degli italiani
vorrebbe che il cibo che portano in tavola fosse prodotto sul proprio territorio. Di questi, il 39% ritiene che
ciò serva a creare lavoro e ricchezza localmente, il 31% pensa che in questo modo il cibo è più genuino,
mentre il restante 30% è convinto che così ci sono minori spostamenti delle merci e, di conseguenza,
minore inquinamento». La filiera corta su cui la Coldiretti ha impostato la sua nuova strategia è considerata
non solo un modo di produrre, ma un processo di ampia portata che ha l’ambizione di incidere sull’assetto
socioeconomico.
«I nostri mercati degli agricoltori – ha detto il presidente Sergio Marini – stanno creando nuove economie e
nuova occupazione rappresentando nel contempo un formidabile strumento di coesione sociale,
animazione sociale ed educazione alimentare, perché ricreano un legame profondo tra consumatore e
produttore, tra il luogo di consumo e il luogo di produzione, tra città e campagna ». Per Marini, dunque, la
filiera agricola italiana non è solo la grande leva competitiva per le imprese ma anche la grande occasione
di star meglio per la gente.
L’indagine rileva che i prodotti più acquistati nei mercati degli agricoltori di Campagna Amica sono verdura,
frutta, formaggi, salumi, vino, latte, pane, conserve di frutta, frutta secca, biscotti e legumi, ma non manca
l’interesse per i prodotti non alimentari come ad esempio gli agricosmetici.
A fare la spesa direttamente dal produttore nei mercati degli agricoltori sono per il 68% donne con una
presenza maschile molto più elevata rispetto alla media, il livello di istruzione è medio alto per il 68% degli
acquirenti. L’età è inferiore ai 54 anni nel 64% dei casi mentre lo status sociale ed economico è medio alto
nell’82% dei casi. Emerge così che il risparmio non è la sola molla. I mercati degli agricoltori promuovono,
infatti, la conoscenza della stagionalità dei prodotti, ma anche la filosofia del km zero, con i cibi in vendita
che non devono percorrere lunghe distanze, riducendo le emissioni in atmosfera. Oltre a ciò, svolgono una
importante azione di recupero di varietà a rischio di estinzione. «Si stima che – ha rilevato la Coldiretti –
almeno 100 varietà vegetali definite minori, tra frutta, verdura, legumi, erbe selvatiche e prodotti ottenuti da
almeno 30 diverse razze di bovini, maiali, pecore e capre allevati su scala ridotta trovino sbocco nell’attuale
rete di mercati e delle Botteghe degli agricoltori di Campagna Amica».
Nei mercati degli agricoltori di Campagna Amica – precisa la Coldiretti – si trovano prodotti locali del
territorio, messi in vendita direttamente dall’agricoltore nel rispetto di precise regole comportamentali e di
un codice etico ambientale, sotto la verifica di un sistema di controllo di un ente terzo. Nei mercati vengono
contenuti gli sprechi di imballaggi con l’offerta, ad esempio, di latte sfuso, sono banditi gli Ogm e sono
messi a disposizione spesso servizi di vendita a domicilio e offerte speciali come ad esempio la vendita
delle mele del Trentino a un solo euro nell’ambito del Festival nazionale di Campagna Amica «Cibi d’Italia»
al Circo Massimo a Roma.
La kermesse è stata anche l’occasione per presentare la nuova agricoltura quella che innova e offre
proposte originali.
Come quella del giovani imprenditore che invecchia spumante d’autore negli abissi marini o dell’altro che
ha conquistato i consumatori di Scandinavia, Corea e Stati Uniti con l’amaro fatto dalle olive. E c’è anche
chi produce bambù nelle Langhe o completa la filiera zootecnica realizzando borse in pelle.
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